Albero genealogico

MICHELE CARACCIOLO

                   

 

                                                           IL PROGENITORE

 

Il pubblico orologio

 

Per l'assegnazione di un posto al pubblico orologio  vi furono ire terribili che durarono per circa dieci anni. Esso venne da Genova  e la popolazione ne fu lieta  ma rimase chiuso in una cassa per tutto quel tempo e quando le ire si acquietarono e si decise del posto ove collocarlo cioè sull'attuale bel campanile allora non eretto, esso fu buttato tra i ferrivecchi e fu necessario comprare una nuova macchina. Diamo posto al lamento del vecchio orologio, così miseramente finito.

 

Ahi! che tanta  e sì bella mia gioia,

non durò che per qualche sol giorno.

Le discordie dal buio soggiorno

presto intesi furenti     scoppiar!

Chi mi volle  su altissima torre,

chi sui monti, chi in piazza    maggiore,

chi sul 'Forte, chi in piazza minore,

altri ancor sulla riva del mar.

Ci fu un solo, che per fermo volere,

m'innalzò, con pensiero  gentile,

un pilastro sottile sottile,  che la bile di parte atterrò.

 

 E per grande castigo di Dio,

son due lustri che vago   ramingo,

chiuso in cassa, reietto, solingo,

piango all'onta che in me si versò!

 

 

Ma quanto a cortesie,se ne vuoi,

ne avrai tre carri pieni, arando dritto,

badando solo a fare i fatti tuoi.

Se in altro modo agisci, addio sei fritto.

Ti acciuffa allor l'infame maldicenza,

 che, qual'immondo serpe, tra le spire

T' avvinghia e senza tregua, nè clemenza,

del tuo degno oprar ti fa pentire.

E donne ,eccetto molte

assai prudenti,

non mancan, no, che all'ombra, più di un guaio

ordiscono, con lingue ben taglienti.

Sventura cade allor su Tizio e Caio.

Che fare?…Questo è vizio maledetto,

che, dacchè mondo è mondo, insino a noi,

le donne han quasi tutte,  e non è detto che sia scemato alquanto,d'Eva in poi.

Ma per compenso,

e voglio dirlo chiaro:

graziose son le smilze signorine,

dotate di uno spirito assai raro

nonché le paffute contadine.

Vi prego, donne care, quante siete,

di non scagliarmi addosso bucce od altro,

se, ben lodar non seppi, cjò che avete,

chè questo è proprio affar da uomo scaltro.

Sfogliai il dizionario della crusca,

per dir di voi quel tanto che è nel vero.

Se ho fatto forse un po'

la voce brusca

un bricciol di perdono invoco e spero.

Per quegli occhietti neri, così vaghi,

 così vivi nel vostro viso bello,

deh, fate che il desìo ben si appaghi

di chi vi ha sempre amato, da fratello! .

Ed ora. ponendo fine   a questo cenno,

sul gran villaggio ameno ed ospitale,

scombiccherato in fretta e senza senno,

tacer no posso un voto assai leale.

Che il ciel conservi a tutti l'allegria,

con essa l'appetito ed ogni entrata,

e lungi tenga l'atra gelosia

per non turbar la vita qui beata.

Ed in mezzo all'agiatezza ed alla gioia,

scolpitevi nel cor il nostro asilo,

né aprire il borsellin vi torni a noia,

se no, della  sua vita è tronco il filo.

Sì, spero che più lieto il dì risplenda

su questa terra bella e pur felice,

e che nel mondo il grido mio si estenda:

trovata è alfine l'araba fenice.

 

 

 

 

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